ANT
VINCOLI
|
|||||
In
questa sezione descriverò i
VINCOLI
PER LA PROGETTAZIONE DELL'AGENTE ARTIFICIALE.
|
|||||
La
sezione successiva [ PROCESSO
] entrerà nel vivo della realizzazione
di ANT.
|
|||||
Dall'analisi degli esperimenti etologici sull'agente biologico, ho formulato le seguenti assunzioni teoriche per la progettazione del SISTEMA DI CONTROLLO dell'agente artificiale: |
|||||
1
|
Assunto della memoria locale. per quel che riguarda le funzioni spaziali specifiche coinvolte nel dead reckoning il sistema ha due stati: uno nei sensori, relativo all'istante attuale t, e l'altro del controllore, relativo all'istante precedente t-1. | ||||
2
|
Come conseguenza di 1, l'unico sistema di riferimento a cui può riferirsi l'agente è quello egocentrico, cioè quello ancorato al suo punto di vista. | ||||
3
|
La stima della funzione effemeride, ovvero la stima del movimento della luce rispetto al tempo nel sistema di riferimento assoluto dell'ambiente artificiale (in analogia con quello del sole nell'ambiente reale) è endogena. | ||||
VINCOLO DEL SISTEMA | |||||
Figura
1. Interazione fra il sistema adattivo artificiale O e il suo
ambiente artificiale E. p: feed-back propriocettivo.
|
|||||
L'agente interagisce con l'ambiente attraverso i suoi sensori e gli effettori. In realtà il nostro agente artificiale sarà dotato di un altro sistema: quello propriocettivo. E' tipico degli organismi biologici avere in ogni istante un feed-back sul proprio stato. Copia dell'attivazione inviata dai centri superiori ai sistemi effettori, infatti, ritorna a tali centri. L'agente in ogni istante riceve in ingresso l'informazione x proveniente dall'ambiente in risposta ad un'azione y messa in pratica (feed-back loop) e l'informazione p, che non è altro che la copia dell'attivazione dei motoneuroni (Figura 1). In questo modo il sistema è "consapevole" del movimento. L'attivazione dei motoneuroni può infatti venir rappresentata e utilizzata dal sistema allo stesso modo dell'informazione visiva. L'utilità di avere a disposizione questo tipo di informazione diverrà chiara in seguito (SIMULAZIONE). | |||||
|
VINCOLO DELLA STRUTTURA | ||||
Figura
2. Struttura fisica dell'agente ipotizzata. O: occhi. x:
sistema di riferimento egocentrico. 0, 90, 180, -90: direzioni cardinali
del sistema di riferimento egocentrico.
|
|||||
La struttura fisica dell'agente che possiamo ipotizzare è quella di figura 2. Gli occhi (SENSORI) dell'agente (O) si trovano in posizione laterale rispetto al "corpo" dell'agente. La figura mostra anche il sistema di riferimento egocentrico dell'agente, l'unico al quale può riferirsi. La x di tale sistema è coincidente con l'asse principale del corpo dell'agente. I numeri che etichettano le quattro direzioni cardinali (0, 90, -90, 180) stanno per la direzione rispetto al sistema di riferimento egocentrico. Spesso ci si riferirà ad esse come "avanti" (0), "destra" (90), "dietro" (180) e "sinistra" (-90). Ipotizzare anche una struttura fisica per l'agente è importante per poter progettare un sistema sensoriale e motorio che permettano all'agente di interagire con l'ambiente artificiale, per almeno due motivi. Da un punto di vista teorico perché questo ci costringe a trattare in modo più rigoroso il modo in cui la stimolazione ambientale entra in contatto con gli organi di senso (PROCESSO). Inoltre, da un punto di vista applicativo, il sistema adattivo è già predisposto per l'interazione col mondo reale come sistema di controllo di un robot. |
|||||
VINCOLO DELL'INTERAZIONE CON L'AMBIENTE | |||||
Figura
3. L'ambiente artificiale in cui si muove l'agente. Riquadro a:
l'agente si muove sul piano Az e la fonte di luce ha una direzione
d fissa sul piano dell'azimut ed elevazione zero. Riquadro b: ambiente
"perturbato"; la fonte di luce L si muove in funzione
del tempo sia sul piano dell'azimut (Az) che su quello dell'elevazione
(El) in funzione del tempo, così come il corso del sole
nell'ambiente reale, seguendo una traiettoria T.
|
|||||
L'ambiente
artificiale dovrebbe essere una riproduzione il più possibile fedele
di quello reale, o meglio, dovrebbe riprodurre in modo fedele quelle caratteristiche
dell'ambiente reale coinvolte nel processo interattivo con l'agente adattivo
biologico. Dai risultati degli esperimenti etologici noi sappiamo che le formiche del deserto considerano l'azimut del sole come una direzione di riferimento. Il primo elemento da introdurre nell'ambiente artificiale sarà una fonte di luce le cui caratteristiche siano simili a quelle del sole (figura 3). Il piano su cui si muove l'agente sarà un piano bidimensionale, privo di punti di riferimento, come il deserto delle formiche. Saranno esclusi dalla trattazione sia i punti di riferimento familiari, landmarks, che identificano il nido, sia le caratteristiche qualitative del comportamento esplorativo, come ricerca del cibo e chemiotassi. All'inizio si considererà una versione semplificata di tale ambiente. La fonte di luce sarà fissa e giacerà sul piano su cui si muove l'agente (figura 3, riquadro a). Poi si perturberà tale ambiente in modo simile a quello reale imprimendo alla luce un movimento sia per quel che riguarda l'azimut sia l'elevazione (figura 3, riquadro b). Anche l'intensità luminosa cambierà in funzione dell'elevazione. La distanza della fonte di luce sarà considerata tale per cui la sua direzione assoluta sia la stessa in ogni punto, in modo da simulare la distanza del sole dalla formica. Di volta in volta verranno definite le caratteristiche specifiche dell'ambiente. |
|||||
VINCOLO DELL'IMPLEMENTAZIONE | |||||
Il
livello più astratto consiste nella spiegazione di cosa fa il sistema
e perché. Il modello teorico che vogliamo proporre è un MODELLO
VETTORIALE. La somma vettoriale e le sue proprietà associativa
e commutativa sono il modello teorico computazionale dell'homing, cioè
quello che fa il sistema. Il perché utilizzare la somma vettoriale come modello teorico, può essere affrontato tenendo conto del compito specifico dell'agente. Tale modello sembra appropriato proprio perché intuitivamente la traiettoria percorsa dall'agente può essere discretizzata. Supponiamo di valutare la velocità e la direzione dell'agente ad intervalli regolari (istanti). In ogni istante avremo un vettore la cui direzione rappresenta la direzione dell'agente e la norma la velocità in quell'istante. Quindi abbiamo a che fare con vettori e l'operazione di somma vettoriale potrebbe essere il modo per spiegare come il sistema computa il percorso di ritorno. Come si vedrà nel terzo capitolo, il ricorso alla proprietà associativa e commutativa completerà il modello computazionale vettoriale. Scendiamo di livello verso il concreto. Decidere una rappresentazione per l'input e l'output del processo e un algoritmo in base al quale operare la trasformazione dell'informazione è necessario per spiegare il come si realizzino le funzioni identificate dalla teoria computazionale. Il termine rappresentazione è qui usato nell'accezione di MARR (1985) come un sistema formale per rendere esplicite certe entità o tipi di informazione. Il risultato dell'uso della rappresentazione per descrivere una data entità è chiamato descrizione. |
|||||
VINCOLO DELLA RAPPRESENTAZIONE (INPUT - OUTPUT) |
|||||
Come input del sistema abbiamo deciso di utilizzare un sistema di recettori sensibili alla luce. L'attivazione di tali recettori determinata dalla luce che li colpisce deve essere rappresentata. Come si vedrà nel capitolo secondo, tale attivazione verrà mappata su una matrice di elementi (matrice di KOHONEN, per una descrizione della rete neurale INTRODUZIONE ALLE RETI NEURALI), dall'attivazione dei quali è possibile stabilire la direzione della luce che colpisce i recettori. Come si dimostrerà tale matrice non solo è topologica alla posizione della luce, ma è anche compatibile con il modello vettoriale. Infatti l'analogia vettore - matrice è molto stretta. Da questo punto di vista la matrice è una rappresentazione dell'input, nel senso che rende esplicite certe proprietà di tale informazione ed è anche compatibile con il modello computazionale vettoriale. Sarebbe più difficile accettare che essa sia una descrizione del mondo reale. Mettendosi dal punto di vista dell'agente, però, ci accorgiamo che nel suo mondo l'unico elemento da considerare è la fonte di luce. Quindi l'attivazione della matrice è una descrizione del mondo dell'agente, in questi termini. Il termine rappresentazione verrà qui usato in un'accezione in linea con quanto detto e non come processo cognitivo ad alto livello così come compare nella letteratura sulla "rappresentazione della conoscenza" con tutte le implicazioni che ne conseguono (RUMELHART e NORMAN, 1985). |
|||||
VINCOLO DELL'ARCHITETTURA |
|||||
L'architettura da me scelta è un'architettura di tipo neurale. Si parlerà spesso di neuroni, connessioni e pesi. Accanto a reti neurali classiche, come quelle di KOHONEN (1978), se ne affiancheranno altre costruite ad hoc. L'architettura del sistema è rigida. Questo perché abbiamo assunto che il sistema non sia in grado di apprendere. Il motivo per cui si è scelto queto tipo di architettura trova il suo fondamento nel fatto che l'informazione di input e di output del sistema è ad un livello estremamente basso, e rimane tale per tutto il suo percorso. In questo modo le assunzioni circa il formato dell'input, dell'output sono ridotte al minimo. L'input è una luce che colpisce dei sensori e l'output un'attivazione di motoneuroni. L'unità minima
di elaborazione, quindi, è il neurone artificiale (si consulti
INTRODUZIONE ALLE RETI NEURALI per una panoramica
sulle reti neurali artificiali). Si parlerà spesso di inibizione
ed eccitazione. Il significato che assumono tali termini in questo caso
specifico è quello si sottrazione di attivazione e somma di attivazione.
Un neurone che ha valore di attivazione uno, che viene inibito di 0,5,
assume valore 0,5. |
|||||
VINCOLO DELLA SIMULAZIONE |
|||||
L'ipotesi da verificare in fase di simulazione, anch'essa vincolata dall'osservazione dell'agente biologico,è articolata come segue: il modello vettoriale è sufficiente per il comportamento di homing, così come si manifesta negli organismi biologici più semplici, senza cioè il ricorso a punti di riferimento o ad una mappa cognitiva. L'architettura scelta per implementare tale modello genera una prestazione uguale (PYLYSHYN, 1984) al comportamento di homing degli organismi biologici semplici; pertanto l'agente artificiale è adattivo, nel senso che il suo sistema di controllo tende a massimizzare il valore della funzione di fitness. |
|||||
©
2011 Emernet
|